racconto "One day in my life"

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racconto "One day in my life"

Messaggio da liberiangirl » 12 marzo 2010, 11:17

One day in my life


Erano trascorsi ormai quasi cinque mesi dall'ultima volta che si era parlato di lui.
Michael ricordava le foto scattate da alcuni paparazzi mentre con la figlia Paris, in occasione del suo compleanno, l'aveva portata al Mirage per comprarle qualcosa. Ricordava l'eccitazione della bambina nell’essere sola con il padre, mano nella mano come due innamorati,con il visetto bello e sorridente che lo guardava estasiata e facendosi largo tra la gente lo portava di fronte al suo negozio preferito.
Michael sorrise ricordando quel momento.

Si alzò dalla poltrona del suo studio con un gemito
"La schiena, santo Dio, sono passati tre anni e ancora mi fa male"
Zoppicando leggermente e massaggiandosi il fianco si avvicinò al suo piano e restò a fissare lo spartito sul quale aveva scarabocchiato solo alcune parole.
Rimase pensoso un attimo poi come se stesse affrontando un nemico si sedette sullo sgabello di fronte allo strumento.
Era un pianoforte a coda bianco, un “Bosendorfer” uno dei migliori al mondo. Lucido e dalla linea perfetta, con i tasti che portavano l'impronta delle sua dita che l'avevano sfiorato a lungo e dai quali la sua musica era riuscita a materializzarsi senza sforzo alcuno, diversamente da ora.
Appoggiò i gomiti sui tasti che emisero un suono sgradevole, come era la sensazione che stava provando ora.
No, si sbagliava, non era solo in quel momento che stava provando l'impotenza di comporre, era ormai da troppo tempo che il nulla era nella sua mente e soprattutto nel suo cuore.
Provò a muovere le sue lunghe dita affusolate sulla tastiera conscio che non ne sarebbe uscito niente di bello, poi quasi volesse prendere a pugni il piano li sbatté violentemente sui tasti, poi chiuse di scatto l’anta gridando: "Merda! Non è possibile che non sia più in grado di sentire il desiderio di cantare".
Premendosi le mani sulle tempie chiuse gli occhi e rimase in quella posizione abbastanza a lungo, tanto che senti alla fine un leggero formicolio e intorpidimento che lo costrinse ad alzarsi per far riprendere la circolazione alle braccia.

Con passo indolente si avvicinò alla finestra dell'albergo dove risiedeva con i figli, guardò a lungo le miriade di luci che formavano la città di Las Vegas.
Non amava quel posto, era un caos senza anima.
Era stato privato della cosa più bella che un uomo potesse desiderare, la serenità.

Il sole che andava scomparendo dietro le alte montagne che circondavano la città, macchiava il cielo della notte di chiazze di sangue.
Voleva aria, desiderava che il vento delle sue montagne gli accarezzasse le guance invece di quel freddo innaturale dell'aria condizionata, si sentiva vuoto e con un senso di sconfitta che gli attanagliava il cuore.
Prese il telecomando dell'impianto stereo e dopo pochi secondi il silenzio intorno a lui si riempì delle note struggenti di Chopin.
Si distese sul divano accomodandosi dietro la testa un cuscino, fece cadere rumorosamente le scarpe e incrociando le gambe magre chiuse gli occhi sospirando.
Adorava la musica classica.
Trascorse una buona mezzora nella quale momenti di veglia si alternavano al sonno.
Nelle stanze accanto il vociare dei figli, i capricci di Blanket e la voce calma di Grace che cercava di riportare la calma tra loro gli sembravano provenire da chilometri di distanza. Li sentiva rincorrersi attraverso i corridoi della suite e provò un grande turbamento misto a rimorso per aver costretto i suoi figli ad una vita da nomadi, a non aver conosciuto il calore di una casa vera, della regolarità di un' esistenza che un qualsiasi bambino forse avrebbe desiderato.

Michael aveva paura, capiva che nulla attorno a lui poteva alleviare il vuoto profondo che era nella sua anima.

Le sue giornate, al di fuori dei momenti trascorsi con i suoi figli, le trascorreva buttate tra il divano e il suo letto, compiacendosi di questa sua tristezza, cullandosi nell'inattività, nel dolore che pian piano si prendeva tutto, anche quella sua grande e magica capacità di comporre musica.


2

La malinconia nella quale ormai viveva da troppo e lungo tempo era la sua compagna quotidiana e in quel momento, nel silenzio della stanza, lo avvolgeva in una coperta che si stringeva strettamente attorno a lui, che subdolamente lo stava annientando, che gli faceva credere che tutto attorno si stava deteriorando.

Michael non reagiva, non voleva reagire, non aveva desiderio ne voglia alcuna di scrollarsela di dosso, anzi era per lui un alibi, un motivo per costringerlo a continuare a piangersi addosso e a non combattere.
Senti prepotentemente il desiderio di farsi aiutare da ciò che ormai era diventata un'abitudine, gli antidepressivi.
Mise una mano nella tasca dei pantaloni e senti il conforto del contatto del blister delle piccole pasticche bianche. Le portava sempre con se, sue abitudinari compagne.

Si alzò stancamente dal divano e si avviò verso il bagno, trascurò di guardarsi nello specchio e riempiendo il bicchiere di acqua ne ingoiò un paio, convinto che questo lo avrebbe aiutato.
La sua analista lo aveva messo in guardia da quello che poteva sembrare al momento un utile conforto alla sua tristezza, ma gli aveva anche raccomandato di non farne un uso eccessivo e incontrollato.
All'inizio Michael cercò di seguire il suggerimento, ma che poi scordò immediatamente assumendone troppe in un solo giorno.
Si guardò per un attimo allo specchio, vide la sua immagine riflessa e ne ebbe pena.
Un sorriso pietoso stirò le sue labbra, quel volto magro, pallido, con i profondi occhi neri ormai privi della loro espressività e che lo guardavano incapaci di comunicare qualche cosa, lo lasciarono indifferente.

Ormai anche la musica era cessata, e non aveva voglia di sentire altro che non il battito del suo cuore addolorato, era un lento suicidio, lo capiva, ma non gliene importava nulla.

Andò verso la sua camera da letto, tirò le tende per rimanere nell'oscurità e sdraiandosi sul letto chiuse gli occhi e attese che facessero effetto i medicinali. Erano ormai i suoi soli consolatori, perfino l'abbraccio con i suoi figli quel giorno, non lo avrebbe confortato.
Lentamente dall'angolo dell'occhio scese una lacrima che andò a finire tra i suoi capelli
"Dio come sono stanco" e alla fine quella lacrima non rimase sola.


Nel grande salone dell’appartamento di Michael, Grace era seduta di fronte a Katrin, con la cornetta del telefono in mano e fissandola negli occhi le disse:
"Io la chiamo, me ne assumo io la responsabilità, dovessi litigare con Michael. Ma così non può andare avanti.
Ti rendi conto che oggi non ha visto per nulla i suoi bambini? Ho dovuto inventare le scuse più ignobili per tranquillizzarli, e lui che fa, si rinchiude nella sua stanza per piangersi addosso.
No, non è da Michael, bisogna fare qualcosa".
Concluse la frase guardando al di fuori della finestra e ricordando il violento alterco che aveva avuto con lui, subito dopo il pranzo con i bambini.

Ricordava che aveva bussato con timore alla sua porta e lo aveva sentito dire "Chi è?" abbastanza seccato.
Quando Grace entrò e lo vide stravaccato sul letto, nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato la mattina, non seppe trattenere le parole che uscirono di getto dalla sua bocca.
"Ti rendi conto che sei penoso?
Ti stai rendendo conto che i tuoi figli sono spaventati da questo tuo comportamento?
Cosa hai, fai qualcosa, siamo preoccupati per te Michael. Sono due giorni che tua madre non lascia l'albergo per paura che tu ti senta male”
Michael la guardò indifferente.
“Allora cosa mi dici?" gridò Grace avvicinandosi al letto.
"Hai finito?" furono quelle le sole parole che lui pronunciò.
Grace senti il sangue gelarsi nelle vene.
Mai Michael le aveva risposto così.
Sapeva che lui ormai la considerava la sua compagna, la donna che aiutava i suoi figli a crescere nella normalità, a cui accarezzava la guancia quando la vedeva stanca dopo una giornata passata con loro, che l'aveva fatta sentire amata. Ma la sua voce fredda e distaccata aveva miseramente spento ogni speranza in lei.
Amava Michael, avrebbe dato la vita per lui.
3

Ricordava l'eccitazione del primo giorno che lo incontrò e della sorpresa della sua richiesta.

....................

6

........

Uno strano odore misto a disinfettanti e pulito lo destò, e quando Michael riuscì finalmente ad aprire gli occhi ricordò le parola di Joan e si tranquillizzò.
Percepiva la presenza di una figura femminile all'interno della stanza, ma faticava a tornare al presente e i suoi occhi non volevano aprirsi del tutto.
Sentiva solo un gran calore che lo avvolgeva, lenzuola morbide e calde che gli accarezzavano il corpo.
Provava piacere fisico e aprendo la mano cercò il contatto con il fresco del lenzuolo che continuò a lisciare come se questo lo rassicurasse.
Per la prima volta dopo parecchi mesi trascorse una notte tutto sommato tranquilla, sempre con l'aiuto dei farmaci, ma perlomeno erano controllati nell'assunzione.
L’odore del caffè della colazione gli provocò dei forti conati di vomito, respirò molto profondamente perché aveva in odio rigettare e rimase disteso affinché il malessere che aveva imperlato la sua fronte scomparve.

Quando Michael si svegliò del tutto si guardò attorno per capire chi avesse dormito con lui e una vestaglia dal caldo colore lilla carpì la sua attenzione, capì che si trattava di Liz.
"Questa è la sorpresa di Joan"
Appena il tempo di pensarlo che si aprì la porta della stanza e la sua più grande e cara amica entrò portando con se il più dolce e rassicurante sorriso.
"Michael, tesoro mio" gli disse mentre lo abbracciava curvandosi sul letto.
Non ci fu bisogno di parole tra loro per capirsi. Solamente che questa volta Liz pianse sommessamente tra le braccia di Michael che cercava di confortarla e le accarezzava il viso.
"Ehi Liz, così mi fai capire che sono molto grave. Ti assicuro che ho toccato il fondo, che ci vorrà del tempo, forse troppo, ma tornerò ad essere quello di prima" le disse stringendola a se e parlandole tra i capelli delicatamente profumati.
"Dai, ora sei qui con me e sono certo che tu mi darai la forza per ricominciare".
La scansò dolcemente da lui e tirandosi a sedere sul letto la guardò nei suoi, ancora splendidi occhi viola.
"Ecco chi era la mia compagna questa notte"

Il programma a cui Michael si sottopose prevedeva la totale disassuefazione dai farmaci.
Micheal seguiva diligentemente le direttive della sua amica dottoressa che a volte passava con lui pomeriggi interi di analisi della sua vita, facendolo ragionare del perchè fosse arrivato a quel punto.

Ci furono giorni di grande sconforto perchè dovette ripercorrere con lei i momenti drammatici della sua esistenza dal successo, alle dolorose accuse di pedofilia che avevano subdolamente minato la sua esistenza.
Capitava che, mentre era con lei, calasse tra loro il silenzio e allora Michael fissava un punto lontano attraverso le grandi vetrate della sua stanza e i suoi occhi vagavano nel vuoto.
Era in quei momenti che lei lo lasciava solo e dopo aver poggiato una mano sulla sua spalla usciva dalla camera e Michael si ritrovava ad affrontare i suoi pensieri.

A volte si ritrovavano nell'ampio parco che circondava la clinica e passeggiavano in silenzio, magari fermandosi un momento per assaporare il caldo abbraccio del sole sui loro corpi.
A volte si sdraiavano su di un prato e il contatto con il fresco dell'erba e il dolce vento della campagna facevano sorridere Michael.
"Sai, certe volte penso che a Neverland non ci vorrei più tornare mentre ecco, vedi come adesso, ho grande il desiderio di rivedere le mie montagne, di passeggiare con i miei figli.”
“Già” pensava Michael, "I miei figli".
E un desiderio struggente di stringerli a se gli saliva dal cuore.
"Cosa penseranno di me. Eh Joan, chissà mai se mi perdoneranno per averli lasciati soli".
Stringeva le labbra e si accorse che le lacrime gli stavano lentamente salendo agli occhi.
"Credi che potrò chiamarli?" le disse guardandola sorridendo:
"Credo proprio di si".
Michael le mise una mano sul braccio stringendolo dolcemente e le sorrise riconoscente.




7

Mentre stava consumando la cena in camera con Liz il trillo del telefono lo mise in comunicazione con Las Vegas.
Parlò prima con sua madre rassicurandola sul suo stato di salute e poi volle subito parlare con i bambini, che parvero sulle prime intimoriti di sentire il padre dopo un così lungo tempo passato lontano da loro.
"Oh papà come stai" gli disse la vocetta titubante di Paris, "perchè non torni qui da noi. Stai ancora così tanto male?"
"No Paris, ora sto proprio meglio. Ma se vuoi che io mi rimetta del tutto devi aspettare ancora un po'. Tu mi vuoi vedere in forma come prima, vero piccoletta mia?"
"Certo papà... ma tu mi manchi, mi manchi tanto!"
"Anche tu mi manchi, mi mancano i tuoi baci" le rispose Michael emozionato.
"Ora passami Prince altrimenti ti fa i dispetti se lo fai aspettare, ti chiamerò domani capito amore, alla stessa ora di oggi e poi ti prometto che tornerò prestissimo”.
"Si" rispose sottovoce Paris, "ti voglio tantissimo bene papà”.

Tuttavia il percorso non fu cosi semplice e privo di momenti in cui sembrava tutto vano quello a cui si era arrivati.
Michael, ormai al suo secondo mese di permanenza nella clinica, si trovava nello studio di Joan per sottoporsi ad una serie di accertamenti clinici che provassero l'efficacia dei trattamenti, quando gli capitò di sfogliare un paio di giornali che erano sfuggiti al controllo della dottoressa.
"E' la fine di Michael Jackson" così riportava il Sun.
"Michael Jackson, la fine di un re!" citava il Daily Mirror e c'era una sua foto quando aveva lasciato Las Vegas.
Derisione, pietà, queste erano le frasi che lesse nell'articolo che gli fecero tremare le mani e avvertire un tonfo nel cuore.
"E' così che sono finito, è così che mi dipingono" urlò scagliando i giornali sul pavimento.
Uscì dallo studio in preda a forti crampi allo stomaco e entrando nella sua stanza iniziò a buttare tutte le cose per terra.
Non si poteva dare pace, nessuno lo capiva, nessuno aveva pena per lui e, anche se considerava i tabloid spazzatura, tutto ciò lo subì come un affronto alla sua tenacia e alla sua voglia di rinascita.
Rifiutò per diversi giorni di parlare con Joan e si chiuse in un mutismo ostinato.
Liz cercava di parlargli e di convincerlo che, come sempre aveva detto pure lui, gli articoli erano solo cattiverie di giornalisti senza scrupoli.
Che i suoi amici lo aspettavano con ansia, che i suoi fans gli scrivevano centinaia di lettere di amore e di stima, ma nonostante tutti gli sforzi Liz trovava un muro di dolore e di rabbia che rifecero sprofondare Michael nella depressione.

L'infermiera che doveva fare il prelievo a Michael entrò quella mattina con uno speciale sorriso sul viso.
Provava verso quel personaggio famoso, un profondo rispetto ed era sempre desiderosa di confortarlo con parole gentili, per cui quando si avvicinò al suo letto si sentì pronta a fare quello che ormai desiderava da tempo, parlargli.
Tirò su la manica della camicia e stringendo il laccio emostatico lo guardò timidamente negli occhi.
Aveva quasi un timore reverenziale per lui e nonostante le sue condizioni sembrava un re e glielo disse, così tutto d'un fiato, senza mai alzare gli occhi verso il suo viso.
Lui la guardò un momento.
Poi, mentre lei gli fissava il cerotto e gli sistemava la manica con voce ferma guardandolo direttamente negli occhi gli disse:
"Non deluda chi lo ama e chi crede in lei. Siamo in tanti ad aspettare la meraviglia della sua musica".
Rimase ancora un momento durante il quale Michael le sorrise e la ringraziò.

La figura di Michael si stagliava nel contorno della finestra dalla quale il sole, in quella calda mattina di ottobre, faceva irrompere nella stanza tutta la sua luminosità.
Con le mani in tasca e lo sguardo sereno che accarezzava la verde campagna inglese, era in attesa della macchina che lo avrebbe condotto finalmente a casa.
Ripensava al periodo trascorso nella clinica, alla fiducia che aveva riacquistato in se stesso e alla certezza che tutto sarebbe ricominciato da dove, tre mesi prima, la vita si era fermata.
La sua famiglia, il suo lavoro e sorrise con profonda riconoscenza a Dio che anche stavolta lo aveva aiutato.

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Così lo vide Liz aprendo la porta della camera e, avvicinandosi gli circondò la vita con il braccio.
"Sei felice Michael?"
"Ora si, sto bene e vorrei già essere a casa per riabbracciare i miei figli"
"Loro sono li che ti aspettano, ansiosi di riabbracciare il loro padre"

Vicino alla limousine c'era Joan che lo attendeva con le braccia conserte.
Il loro abbraccio fu lungo e affettuoso, non gli disse nulla se non , accarezzandogli una guancia:
"Riprenditi la tua vita Michael, e fa che nulla venga più ad adombrare la tua felicità, che meriti più di ogni altro uomo al mondo".

Come al solito il suo arrivo in aeroporto fu accolto da fotografi e giornalisti che gli si accalcarono attorno.
Stavolta Michael non sfuggi loro, anzi gli permise di fotografarlo assieme a Liz, li salutò cordialmente e poi, circondato dalle sue guardie del corpo raggiunse l'aereo.
Il viaggio fu piacevole.
Michael passò il tempo sonnecchiando e, a volte con Liz commentavano le vicende della politica internazionale e i vari gossip che riempivano le pagine dei tabloid.

Mentre guardava fuori dall'oblò il tramonto che infuocava il cielo, Michael faceva progetti e la speranza gli riempiva il cuore.
Aveva ripreso a pieno la sua vita, sapeva che nulla più poteva farlo ricadere nel baratro dal quale faticosamente era uscito.
Reclinò un poco lo schienale della poltrona e si abbandonò a fantasticare.
"Adoro questo mondo" disse sorridendo.
Quando Liz gli scosse leggermente il braccio per attrarre la sua attenzione, Michael voltò lo sguardo verso di lei.
"Oh Michael vedo nei tuoi occhi una luce nuova”.
Stringendole la mano le disse "E' che sono veramente contento, vorrei cantare e saltare come un bambino"
"O lo farai, ne sono certa, non appena rivedrai i tuoi bambini e i festeggiamenti che ti avranno certamente riservato"
Trascorsero il resto del viaggio guardando un film, poi appena il cielo si fece buio attorno a loro e nella cabina abbassarono le luci per la notte, Michael represse a stento uno sbadiglio,
Finse di seguire ancora per qualche secondo le immagine proiettate nel piccolo schermo, ma quando avverti su di se il caldo tepore di una coperta, scosse la testa con un sorriso pensando al gesto di Liz e si abbandonò ad un sonno profondo e ristoratore.

Atterrarono all'aeroporto di Santa Maria intorno alle undici del mattino e una leggera pioggerellina bagnava le strade della cittadina.
Aveva concordato con la sua famiglia che per evitare troppo clamore e giornalisti, non ci sarebbe stato nessuno ad accoglierlo se non Bob e la sicurezza.
Attraversarono i corridoi della sala di attesa tra gli sguardi curiosi della gente.
Abbracciò Bob ed entrò di corsa nella macchina e emozionato disse all'autista "Vola verso casa".

Aveva percorso tante volte quella strada, riconosceva ogni tratto alla perfezione, ma solamente ora si accorse di quanto fosse bella la natura della California.
Vide il cartello verde che indicava Los Olivos e Lake Cachuma passargli velocemente di lato, ancora un paio di miglia e ci sarebbe stata la deviazione che lo avrebbe portato verso il suo ranch.
Una larga strada alberata che costeggiava le verdi colline lo accolse, immergendolo nella penombra delle grandi betulle che facevano da contorno a Figueroa Road.
Posò lo sguardo sui campi dorati di grano che ondeggiavano alla calda brezza del sole del primo pomeriggio. Alti cancelli di legno verde facevano da confine alle distese tenute californiane dove, placide vacche pascolavano mangiando tenera erba.
Volgeva attorno a se lo sguardo in attesa di riconoscere la piccola curva che lo avrebbe immesso nella sua tenuta.
La macchina rallentò per affrontare la lieve salita con le ruote che scricchiolavano sulla ghiaia, oltrepassarono il piccolo passaggio a livello e il cuore di Michael iniziò a battere fortemente.
Prese la mano di Liz tra le sue e all'improvviso il cancello di Neverland si aprì dinnanzi a loro.
9

Da quanto tempo mancava lo aveva scordato ma una forte eccitazione gli stava imperlando la fronte.

...........
11

Dopo pochi minuti il letto di Michael era invaso da molliche rinsecchite di pane e pezzetti di confettura di ciliegia andarono a colorare le sue lenzuola.
“Oh ragazzi guardate che abbiamo combinato, forza andiamo a vestirci” disse ai figli mentre raggiungendo il bagno tentava di togliersi dai capelli quella che poteva sembrare il resto di una mezza ciliegia.

Michael passò un paio di giorni in tranquillità con i suoi bambini e i genitori.
Riuscirono perfino ad andare in un grosso centro commerciale a qualche chilometro da Santa Barbara, fu davvero per tutti molto speciale perché i piccoli riuscirono a comprarsi giochi e dolci come tutti i loro amici.
Tornando in macchina verso Neverland e poiché i figli erano presi dagli acquisti fatti, Michael approfittò di quel momento per dire alla madre che si sarebbe recato a Los Angeles per qualche giorno.
Lei girò lo sguardo verso di lui incredula e fissandolo negli occhi disse:
..............
13

Scostò il pesante tendaggio che lasciava la stanza in una piacevole oscurità e l’accecante sole californiano si intrufolò tra i confortevoli tappeti che ricoprivano il pavimento.
Aveva bisogno della luce perché era frastornato dalla dichiarazione di Lisa.
Aveva chiuso con le donne.
Di Debby serbava un bel ricordo, perché da lei aveva avuto i suoi figli, ma era troppo complicato portare avanti un rapporto sentimentale e lui, d’altra parte, sapeva di non esserne più in grado.
Gli sarebbe pesato troppo legarsi ad un’altra persona che non erano i suoi bambini.
Era orgoglioso di essere padre e sapeva che se ci fosse stato un coinvolgimento amoroso con Lisa i primi a soffrirne sarebbe stati proprio loro, e questo non lo avrebbe permesso.
Era un uomo di quasi cinquantanni e non poteva permettersi di fare altri errori, la vita che gli si prospettava davanti non glielo avrebbe consentito.
Michael fissava l’azzurro del cielo quando sentì la presenza di Lisa al suo fianco.
“Ti ho così sconvolto?” gli disse mettendosi davanti a lui, “Non ti dico questo per puro capriccio. Sono cambiata sai, la vita anche con me è stata dura , di errori ne ho fatti tanti ma il tuo ricordo è sempre stato vivo in me. Mi manca la tua tenerezza, mi mancano i tuoi scherzi e quel prendere poco sul serio le cose più gravi. Ma con te ho passato i momenti più belli della mia vita.
Sei sempre stato sincero con me ricordi, e desideravi che io facessi altrettanto. Ecco, ora sto facendo esattamente quello che tu mi hai sempre chiesto.
So quello che hai passato e i problemi che ancora devi risolvere, ma vorrei esserti vicina e se posso, aiutarti.
Comprendo che la tua famiglia sono i tuoi figli, che loro sono la cosa prioritaria nella tua vita, non voglio mettermi al pari loro, ma mi piacerebbe occupare un piccolo posto nel tuo cuore.”
Lisa si era allontanata da lui dopo aver smesso di parlare ed ora, appoggiandosi alla balaustra del giardino lo guardava in attesa della sua risposta.
Michael la guardò un momento, poi girandole le spalle e con le mani in tasca si avviò verso il parco.
Aveva bisogno di riflettere e la sua presenza non glielo permetteva.

..................

15

Appena giunsero a casa Lisa gli chiese cosa avesse fatto perché aveva cambiato umore cosi repentinamente, lui la tranquillizzò dicendole che erano solo ricordi, brutti ricordi che ogni tanto gli riaffioravano alla mente, ma che avevano la capacità di rovinargli il morale.
“Dai, siediti qui vicino a me” e le fece il gesto con la mano di mettersi seduta accanto a lui.
Accese la televisione per distrarsi e nel telegiornale passò la notizia del suo avvistamento in un locale di Los Angeles insieme alla sua ex moglie, poi la cronista terminò dicendo:
“Che sia un ritorno di fiamma tra il Re del Pop e la figlia del grande Elvis”
“Bene” disse lui”siamo stati subito scoperti, certo che l’amico tuo è stato molto di parola” guardò Lisa, spense il televisore e appoggiò la testa allo schienale del divano.
“Mi spiace Michael”
“Dai non preoccuparti, non è successo nulla di irreparabile, solo mi seccherebbe se mia madre lo venisse a sapere così.”
Michael chiuse gli occhi e Lisa appoggiò la testa alla sua spalla.
Trascorsero circa dieci minuti così senza parlare, ogni tanto la sirena della polizia veniva a rompere il silenzio che si era creato tra loro.
Michael ricordò la sensazione che aveva provato subito dopo aver ricevuto la telefonata di Lisa, la desiderava, e molto.
Si avvicinò a lei e iniziò a baciarla.

......................

“Aspetta un attimo, mi fa molto male e ho paura che mi stia uscendo il sangue” e dicendo questo si alzò dal letto e si avviò in bagno..
Lisa era dietro di lui quando vide che attraverso le dita della mano di Michael un rivolo di sangue cominciò a macchiare di rosso il lavabo.
“Vado a prenderti del ghiaccio Michael. Stai tranquillo non sarà nulla” ed uscì di corsa dalla camera.
Quando tornò lui era seduto sul bordo della vasca ed il suo pigiama aveva il colletto e parte del davanti intriso di sangue.
Michael si tamponava il naso con un asciugamano e il dolore molto forte gli faceva lacrimare un occhio.
Lisa si inginocchiò di fronte a lui e avvolgendo alcuni cubetti di ghiaccio in una salvietta di lino glieli pose sul viso.
“Credo sia opportuno fare una visita al mio medico.”
La guardò sorridendole e con la mano un po’ sporca le accarezzo la guancia.
“Su dai non è colpa tua sono stato io a farti lo scherzo” proseguì Michael parlandole con la voce un po’ nasale.
“Dai aiutami a vestirmi e andiamo allo studio di Kirley, in macchina lo chiamerò per avvisarlo”.

Lo studio medico si trovava a circa mezz’ora di macchina da Beverly Hills e quando arrivarono lui era ad attenderli sul portone.
Conosceva Michael da circa ventanni e per ultimo lo aveva operato cercando di sistemare quello che un altro chirurgo, per fama, soldi e pubblicità aveva rovinato.
Dopo averlo fatto distendere sul lettino visitò Michael che molto preoccupato seguiva ogni suo gesto.

17

Lisa, accanto a lui tratteneva a stento le lacrime e Michael scorgendo i suoi occhi lucidi allungò un braccio e le strinse forte la mano facendole l’occhietto.
“Uhm, certo è stato un bel colpo Mister Jackson. Vorrei farle una radiografia perché la cartilagine del naso è già abbastanza compromessa e non vorrei rimetterla sotto i ferri. Le faccio male se la tocco qui.”
Lui voltando il viso e scansando la mano del medico annuì .
Nuovamente una lacrima gli uscì dall’angolo dell’occhio e scivolando lentamente andò a finire tra i suoi capelli.
“ Semmai potremo provare a metterle una mascherina cercando così di rimettere in sesto il setto senza operare”
“Possiamo farlo ora dottore, tra venti giorni ho un impegno importante e non posso annullarlo”
“Credo di si. Per ora si può alzare, anzi no aspetti che le metto un tampone, perché mi sembra che inizi nuovamente a sanguinare. Comunque la fuoriuscita di sangue è positiva perché potrebbe essere solamente la rottura di qualche capillare.”
Con mano leggera introdusse un tampone di garza nella narice e poi prese una mascherina in plastica rigida, quelle per le fratture del naso, che fissò al viso di Michael.
“Si alzi lentamente perché potrebbe avere un capogiro” gli disse aiutandolo a tirarsi su dal lettino.
Lo accompagnò alla poltrona e poi uscì dallo studio per preparare le lastre.
Michael appoggiò la testa allo schienale della poltrona e si portò una mano al viso.
Aprendo gli occhi vide il viso impaurito di Lisa e le fece cenno di avvicinarsi.
Lei si sedette sul bracciolo e lo guardò costernata.
“Michael sono mortificata e addolorata dopo tanti anni rivedersi e procurarti questo dolore è l’ultima cosa che volevo”.
“Lo credo bene Lisa. Perché mi dici questo, non siamo due estranei e tu mi stai parlando come se lo fossimo.”
Ultima modifica di liberiangirl il 19 marzo 2010, 14:31, modificato 1 volta in totale.

Laura Jackson
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Messaggio da Laura Jackson » 14 marzo 2010, 14:52

Molto coinvolgente!! Complimenti! C'è una continuazione vero? 8-)
Immagine

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lavy80
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Messaggio da lavy80 » 14 marzo 2010, 18:19

Già!Ci deve essere una continuazione...siamo curiose.. :grin:
IT'S ALL FOR L.O.V.E.
THANK YOU MICHAEL!

liberiangirl
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Messaggio da liberiangirl » 15 marzo 2010, 10:09

[quote="lavy80"]Già!Ci deve essere una continuazione...siamo curiose.. :grin:[/quote

.scusate non mi ero accorta di averlo messo a metà! Ecco il seguito e poi mi dite se vi è piaciuto e magari quali fra tutti perchè questo è l'ultimo e credo che resterà tale.
baci


17

Lisa, accanto a lui tratteneva a stento le lacrime e Michael scorgendo i suoi occhi lucidi allungò un braccio e le strinse forte la mano facendole l’occhietto.
“Uhm, certo è stato un bel colpo Mister Jackson. Vorrei farle una radiografia perché la cartilagine del naso è già abbastanza compromessa e non vorrei rimetterla sotto i ferri. Le faccio male se la tocco qui.”
Lui voltando il viso e scansando la mano del medico annuì .
Nuovamente una lacrima gli uscì dall’angolo dell’occhio e scivolando lentamente andò a finire tra i suoi capelli.
“ Semmai potremo provare a metterle una mascherina cercando così di rimettere in sesto il setto senza operare”
“Possiamo farlo ora dottore, tra venti giorni ho un impegno importante e non posso annullarlo”
“Credo di si. Per ora si può alzare, anzi no aspetti che le metto un tampone, perché mi sembra che inizi nuovamente a sanguinare. Comunque la fuoriuscita di sangue è positiva perché potrebbe essere solamente la rottura di qualche capillare.”
Con mano leggera introdusse un tampone di garza nella narice e poi prese una mascherina in plastica rigida, quelle per le fratture del naso, che fissò al viso di Michael.
“Si alzi lentamente perché potrebbe avere un capogiro” gli disse aiutandolo a tirarsi su dal lettino.
Lo accompagnò alla poltrona e poi uscì dallo studio per preparare le lastre.
Michael appoggiò la testa allo schienale della poltrona e si portò una mano al viso.
Aprendo gli occhi vide il viso impaurito di Lisa e le fece cenno di avvicinarsi.
Lei si sedette sul bracciolo e lo guardò costernata.
“Michael sono mortificata e addolorata dopo tanti anni rivedersi e procurarti questo dolore è l’ultima cosa che volevo”.
“Lo credo bene Lisa. Perché mi dici questo, non siamo due estranei e tu mi stai parlando come se lo fossimo.”
“Oh scusami ancora, e che, io mi sento in colpa e non so cosa dirti.”
“Senti, io credo che non sia nulla di così grave, un paio di settimane con la maschera e tutto tornerà a posto.”
La guardò accennando un sorriso e poi poggiandole una mano sul fianco proseguì
“Volevo dirtelo questa sera, ma ho una bella sorpresa. Sai la rivista Vogue Uomo, l’edizione italiana, mi ha chiesto se faccio un servizio fotografico per la pubblicità di Roberto Cavalli. Per me è importante per cui alla fine di ottobre andrò a New York, e se vuoi ti porterò con me.”
Lisa guardò quell’uomo stupendo che in quel momento, nonostante il dolore e la preoccupazione, desiderava renderla felice, tentando di consolarla quando lei avrebbe dovuto veramente farsi perdonare.
Michael prendendole la mano le bacio le dita affusolate e poi se la portò sull’occhio che era diventato un po’ livido a causa della botta.
Dopo aver fatto la lastra Michael e lei attesero la risposta del medico nella sala d’aspetto che era stata chiusa appositamente per loro.
Quando il medico rientrò sorrise ad entrambi e sedendosi accanto a Michael gli mostrò le lastre.
“Fortunatamente la signora non l’ha presa in pieno, ha una leggerissima micro frattura della cartilagine, ma con un paio di settimane di mascherina tornerà a posto. “
Alzandosi diede a Michael una di quelle maschere di stoffa di cui tanto spesso ne aveva fatto uso.
“Se lo desidera può mettere questa, ritorni da me la prossima settimana che togliamo il tampone, almeno respirerà meglio, poi faremo un’altra lastra per controllo.”
Li lasciò soli e Michael prima di uscire appoggiò al viso la mascherina nera.
In quel momento gli vennero in mente tutte le storie che i giornali avevano inventato sul perché lui ne facesse uso e dicendolo a Lisa si avviarono versò la macchina.
18

..............
21

Sentì chiaramente gli scatti delle macchine fotografiche e la gente che urlava il suo nome.
Bob gli si avvicinò e circondando con il braccio le spalle di Michael li condusse entrambi alla macchina.
Appena dentro e sentendosi al sicuro volle salutare alcune ragazze che lo stavano pregando di far loro un autografo.
Fece cenno di avvicinarsi, diede loro la mano e poi disse a Bob di andare via.
Girò lo sguardo verso Lisa, la vide imbronciata e togliendosi la mascherina le disse:
“Che c’è, perché sei arrabbiata e tutto a posto giusto, ora andiamo a casa”
Fece per darle un bacio sulla guancia ma lei si ritrasse con sgarbo e Michael, che già aveva scordato il pericolo passato, le sorrise ingenuamente.
Non avendo intenzione di litigare si appoggiò allo schienale, si tolse gli occhiali, si stropicciò gli occhi e li chiuse fino al loro arrivo.

Michael stette al telefono per buona parte del pomeriggio con i suoi consulenti per pianificare il viaggio a New York e non diede molto peso al fatto che Lisa era nella sua camera , chiusa da quando erano tornati.
Senti il suo stomaco gorgogliare e dando un’ occhiata all’orologio si accorse che erano le undici passate.
Si alzò dirigendosi in cucina, prese un succo di frutta e decise di andare ad affrontarla conscio che sarebbe stata una dura battaglia.
Salì lentamente la grande scala di legno che lo avrebbe portato nella stanza da letto di Lisa e accostò l’orecchio alla porta.
Al di la di questa non proveniva nessun rumore e si decise ad aprire piano.
Gli ci volle un po’ per abituare gli occhi al buio e avvicinandosi al letto la chiamò:
“Lisa” sussurrò dolcemente, poi non sentendo risposta cercò a tastoni il suo corpo.
Lei respinse la sua mano e con sgarbo gli disse di lasciarla sola.
Michael non capendo il perché del suo gesto le si sedette accanto.
“Ora mi devi spiegare perché sei così arrabbiata con me. Mi offendi e non ne conosco il motivo”
“Ah, mi dici che non capisci perché sono così” gli replicò mettendosi a sedere e aprendo la luce sul comodino.
La stanza si rischiarò e Michael vide il viso rigato dalle lacrime di Lisa.
Sospirò e scuotendo la testa le prese la mano.
“Avanti dimmi perché ti stai comportando così e perché stai piangendo. Sono capricci o che cosa, credimi non ti capisco. Cosa ho fatto di così serio da farti piangere.”
Lei prese dei kleenex e si asciugò le lacrime e con voce lamentosa e il viso imbronciato lo guardò:
“Continui a chiedermi cosa ho, ma allora tu proprio non capisci. Continui a comportarti come un ragazzino che vuole soddisfare le sue voglie fregandosene di chi gli sta accanto”
Michael chiuse un momento gli occhi scuotendo la testa.
Attese un po’ prima di risponderle, sapeva o perlomeno aveva intuito durante il tragitto dal negozio a casa che lei si era spaventata, ma non era una persona qualunque, anche lei era famosa e molte volte si erano trovati insieme in mezzo alla folla e non aveva mai avuto una reazione così esagerata.
“Lo vedi come sei fatto Michael, Non cambierai mai. Prima vieni tu poi io”
Michael a quelle parole fu come se ricevette un pugno nel petto.
Ritrasse la sua mano e si alzò.


22

.........


...........................
Era quasi l’alba.
Il colore rosso del cielo attraversava il bianco candore delle tende tirate e la leggera brezza del mattino gli accarezzava il corpo nudo, disteso accanto a quello dolce e sensuale di Lisa.
Appoggiò una mano sulla sua natica scoperta e il contatto con quel corpo caldo e sodo lo fece sorridere di piacere.
Lisa svegliata dal contatto delle sue dita che la lisciavano si voltò verso di lui, aprì un occhio e mandandogli un bacio si riaddormentò subito.
Michael aveva sonno ma il silenzio attorno a lui, la frescura del giorno appena fatto gli piacevano e lo rendevano sazio di tutto quello che più desiderava.
Ancora molto doveva fare per sentirsi veramente appagato e ricompensato di ciò che aveva perduto. Non voleva trascurare nulla che potesse rendere piene le sue giornate. I suoi momenti di felicità li rivoleva tutti, aveva combattuto fino allo stremo per vincere sul male che gente meschina e cattiva aveva provato a gettargli addosso.
A volte i terribili momenti di agonia durante il processo prendevano il possesso della sua mente, ma non li rifuggiva, anzi, con una sorte di masochismo li riviveva uno per uno.
Le pagine di insulti dei giornali, gli sguardi di derisione di Sneddon e di tutte le persone gli passavano di fronte agli occhi.
Il male fisico che gli avevano fatto provare era così grande che niente e nulla al mondo avrebbe potuto cancellare.
Ma in fondo a quel nero che vorticosamente lo assaliva c’era una flebile luce che era la speranza e la certezza della sua innocenza.
Troppo grande il dolore per poterlo scordare.

La tristezza a volte lo prendeva tra le sue braccia, lo avvolgeva con il suo abbraccio soffocante e mortale e lo portava sempre più a fondo e il terrore di perdere la sua vita e la sua dignità a volte era così vivo che desiderava piangere, accoccolarsi tra le braccia di sua madre e urlarle quanto dolore provava e della terribile disperazione che come una cagna gli mordeva fin dentro l’anima.
Poi subentrava l’inquietudine e allora Michael piangeva, piangeva silenziosamente.
Stringeva le palpebre perché le lacrime potessero rimanere all’interno del suo corpo.
Ma bruciavano, bruciavano troppo e un nodo alla gola gli impediva di ingoiare la saliva e allora sopravveniva il panico.
Ma poi ecco quella luce debole che era la speranza e la certezza che seppure fosse stato il suo passato e che sì, gli apparteneva come fosse parte di se stesso e che lo stritolava durante i momenti di solitudine, faceva parte del suo passato ed apparteneva ad un tempo ormai lontano.

Senti all’improvviso freddo e tirò fino al petto il lenzuolo candido e fresco e provò piacere da quel contatto.
Girò il viso verso di lei e la guardò a lungo.
Seguì il profilo del suo viso regolare e minuto, la fronte liscia e il naso piccolo e perfetto, l’ombra delle sue lunghe ciglia e le labbra imbronciate la facevano sembrare una bambina.
Un giorno pensava che non sarebbe mai finita con Lisa e invece cosi non fu, ma ora era nuovamente sua e stavolta voleva che andasse bene.
Aveva bisogno dei suoi capricci e delle sue intemperanze, ma aveva bisogno soprattutto di sentirsi amato da lei.
Era tranquillo e un po’ per volta il sonno si impadronì di lui, le sue palpebre coprirono il nero colore delle sue pupille e i suoi muscoli prima tesi ora erano rilassati.
Sentiva di perdere il contatto con la realtà ed era piacevole.
Piano e dolcemente Michael chiuse gli occhi.
Non si accorse di girarsi verso Lisa e di abbracciarla e godere del caldo tepore del suo corpo.
Il sonno lo prese così.
Ora Michael si era veramente addormentato.





Finito il 29 luglio 2008
Ultima modifica di liberiangirl il 19 marzo 2010, 14:33, modificato 1 volta in totale.

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Messaggio da [MICHAEL] » 18 marzo 2010, 21:58

Mara ma questi scritti non sarebbe meglio magari cercarsi un editore invece che divulgarli su un forum con il rischio che ti vengano rubacchiati da qualcuno?

Daniele/MMi

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Messaggio da PeppeJackson » 18 marzo 2010, 23:53

[MICHAEL] ha scritto:Mara ma questi scritti non sarebbe meglio magari cercarsi un editore invece che divulgarli su un forum con il rischio che ti vengano rubacchiati da qualcuno?

Daniele/MMi
infatti... :o
MICHAEL VIVE DENTRO DI ME....

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