UN RACCONTO

Dove i fans sono i protagonisti, raduni, eventi, viaggi e possibilità di mostrare la propria passione per Michael. Lascia i tuoi contatti social: Skype, Messenger, Facebook, Instagram, Tik Tok, Whatsapp o Linkedin!
Rispondi
liberiangirl
Utente certificato
Utente certificato
Messaggi: 1582
Iscritto il: 16 settembre 2006, 16:01

UN RACCONTO

Messaggio da liberiangirl » 19 febbraio 2010, 9:46

SCUSATE è UN PO LUNGO MA NON SO COME ALLEGARLO, SE GLI ESPERTI DEL FORUM MI POSSONO AIUTARE SONO BEN LIETA.

CIAO E A PRESTO A TUTTI !

Neverland

Quella mattina Michael si svegliò di buon umore.
Un raggio di sole, che filtrava attraverso le tende della sua stanza da letto di Neverland, andò a posarsi sui suoi occhi ancora chiusi.
Il chiarore della luce fece voltare la testa a Michael che indugiò ancora un poco prima di aprirli.
I contorni delle cose familiari un po’ per volta si fecero più netti, le pareti si illuminavano sempre di più appena il sole riusciva a farsi spazio tra i tanti oggetti che si ammucchiavano sui mobili.
Girò lo sguardo su tutte quelle cose a lui care, su quei volti che amava, sui ricordi di tutta una vita.
Si stiracchiò mugolando dal piacere che gli aveva procurato quella notte di assoluto riposo, senza quegli incubi che a volte gli rendevano il sonno un vero e proprio inferno.
La notte passata era trascorsa nella più assoluta tranquillità, forse pure per effetto di quei tranquillanti che il dottore gli aveva consigliato.
Indugiò ancora un momento poi con gesto improvviso scostò le lenzuola e lasciò che il calore del sole lo avvolgesse completamente.
Indossava un pigiama allegro con disegnati i cuccioli della “Carica dei 101”, come del resto erano allegre e decorate con soggetti di cartoni anche le lenzuola del suo grande letto matrimoniale. Amava circondarsi da tutto ciò che ricordava l’età della spensieratezza e del divertimento.
Passò le braccia dietro la testa e il suo sguardo si posò sulle foto dei figli che aveva allineate sul tavolo a fianco al letto.
Le aveva volute così vicino perché era la prima cosa sulla quale posava lo sguardo appena sveglio. Le fece mettere lì nei giorni terribili del processo.
Gli davano la forza la mattina per alzarsi e la notte lo consolavano nell’incubo della sua solitudine.
Passò con la mano sopra ai ritratti dei figli con gesto carezzevole, socchiuse per un attimo gli occhi e un sospiro profondo gli uscì dalle labbra serrate.
Tutto adesso era passato. Non voleva che la tristezza prendesse il sopravvento in una giornata meravigliosa come quella che si stava preparando per lui.
Amava questo momento della giornata, quando rimaneva disteso a letto con i pensieri che vagavano con libertà e la sua mente si soffermava sulle cose non più a lungo di una nuvola trasportata dal vento.
Gli scorrevano davanti agli occhi parole e persone che facevano parte della sua vita.
Era solo e poteva anche non pensare a niente.

Si alzò dall’accogliente letto e camminando a piedi scalzi sulla morbida moquette bianca raggiunse la sala da bagno.
Non appena vide la sua immagine riflessa nel grande specchio, con tutti i capelli arruffati e scomposti scoppiò in una sonora risata “Accidenti a me come sono brutto” disse rivolto al suo viso che lo guardava di fronte.
Appoggiò le mani sul ripiano di candido marmo e si avvicinò per osservarsi meglio.
Alzò le sopraciglia e arricciando le labbra scosse la testa.
Aveva sempre avuto qualche problema con la sua immagine, non si riteneva bello seppure ci fosse chi la pensasse diversamente.
Mentre era ancora sotto la doccia sentì gridare nella sua stanza
“Papi Papi dove sei?” e senza attendere un secondo di più entrarono i suoi figli chiamandolo a gran voce.
Michael ancora con il sapone addosso prese un asciugamano e lo mise attorno ai fianchi appena in tempo prima che irrompessero tutte e tre di fronte a lui.
“Ehi calma, quante volte vi ho detto di bussare prima di entrare ,eeh?”.
“Oh scusaci papà” esclamò Paris prima di cingergli la vita in uno stretto abbraccio incurante della schiuma che ancora ricopriva il corpo di Michael che, allargando le braccia accolse i figli amorevolmente.

2

Baciò i bambini uno per uno e quando riuscì ad infilarsi l’accappatoio in una sorta di trenino passarono tutti nella camera da letto.
Chiamò la cameriera e le disse di servire la colazione in camera anche per i bambini poi di corsa, cogliendoli alla sprovvista andò a sdraiarsi sul letto e attese che lo raggiunsero tra grida e risate, litigando tra loro per avere il posto vicino al padre.
Michael prese tra le braccia il più piccolo e fece accomodare ai suoi lati i figli più grandi che, come in un rito riservato a loro quattro, iniziarono con la solita richiesta di una favola.
Michael aveva una fervida immaginazione e per lui era molto facile inventare storie fantastiche, popolate da fieri personaggi e buoni animali.
Amava trasferire ai figli la sua esperienza e lo faceva attraverso favole.
Blanket si stringeva al corpo del padre e Michael circondò le spalle del piccolo deponendo un bacio sui capelli neri.
“Allora papà” gli disse allungando la mano e carezzando la guancia ruvida di barba “voglio la favola del pirata. Per favore” disse piagnucolando.
I più grandi iniziarono a prenderlo in giro, saltando sul letto e rifacendogli il verso.
Così com’era calmo tra le braccia di Michael, tutto ad un tratto, iniziò ad urlare e a scalciare tentando di colpire i fratelli.
Michael si era alzato di scatto perché non voleva essere coinvolto nella battaglia e cercava di separare i figli prendendoli per le braccia e chiamandoli per nome ma, visto che non lo ascoltavano per nulla e non avendo intenzione di arrabbiarsi, li lasciò da soli.
Si fermò accanto ad una finestra e attese i figli che lo raggiunsero.
Dopo un paio di minuti cosi come era iniziata fini e lui, con le braccia conserte ed uno sguardo severo sul viso, li guardò uno ad uno scuotendo il capo
“Non va bene così ok?”
Stavano per dirgli qualcosa ma si girò ed entrò nella sala da pranzo nascondendo un sorriso.
Gli piacevano i suoi figli, erano divertenti anche quando litigavano.
Fecero colazione in una calma apparente perché i più grandi si erano alleati e volevano farla pagare a Blanket perché erano rimasti senza storia e in più con il papà imbronciato.
Michael imburrò il pane per tutti e preparò le tazze di cioccolata. Lui si accontentò di una spremuta d’arance, ma Paris volle preparargli una fetta di pane con la marmellata e fu costretto a mangiarla perché la figlia gliela stava infilando a forza in bocca.
Non era stato mai di grande appetito e dopo il processo non era riuscito a rimettere i chili che aveva perduto.
Non appena riuscì a fargli bere tutto il latte chiese loro cosa volessero fare in quella mattina che aveva messo a disposizione dei figli.
“Io voglio fare il bagno” disse Paris e per una volta i fratelli furono d’accordo.
Michael chiamò la baby sitter e le disse di preparare i bambini, che si alzarono di corsa travolgendo il piccolo Blanket che si mise subito a piangere.
Chiuse gli occhi e tra se pensò che i due più grandi erano veramente terribili e a volte temeva di non farcela a gestirli. Si avvicinò al piccolo e stringendolo tra le braccia gli baciò il viso pieno di lacrime.
“Su dai non esagerare” gli disse asciugandogli le guance con la mano “Adesso ti porto con me io e te soli. Ti va?”.
Michael si avviò verso le sue stanze.
Camminava lentamente, con il figlio tra le braccia che gli accarezzava il viso con le piccole mani e lo ricopriva di baci.
Era bello vederli così, non sembravano nemmeno padre e figlio.
Michael era giovanile sia nel modo di vestire sia nel fisico.
3

.....................

5

“Cosa ne dici se adesso ce ne andiamo tutti a mangiare un hamburger con le patatine fritte? Mi è venuta una gran fame” le disse Michael abbracciandola stretta.
“Forza vatti a vestire e dillo pure ai tuoi fratelli. Vi aspetto in cucina.”
Esitò un istante la figlia e Michael la guardò interrogativo “Dai vai Paris! Che mi guardi con quella faccetta?”
Guardò il padre dritto in faccia e gli disse “Sei bello papà! Mi sono innamorata di te” e dopo avergli scrocchiato un bacio sulla guancia scappò via ridendo come una matta e chiamando a gran voce i fratelli.
Michael rimase con le mani sui fianchi per qualche secondo sorpreso, ma nello stesso tempo compiaciuto dalla dichiarazione d’amore della figlia, poi scosse la testa sorridendo e lentamente si avviò verso le docce ripensando all’espressione fantastica che aveva dipinta sul volto Paris quando aveva pronunciato quella frase.

Si ritrovarono tutti nella grande e confortevole cucina.
C’era anche Grace, sua amica e baby sitter dei figli che amorosamente accudiva quando Michael era fuori.
Erano tutti e cinque seduti attorno al gran tavolo rettangolare di legno di castagno che occupava gran parte della sala.
Michael aveva piacere che quando mangiava con i bambini fossero tutti attorno alla tavola.
Desiderava poter parlare con loro e poi perché molto spesso il pranzo andava a finire con qualche tiro di pane e patatine.
Mike, il grosso cuoco che viveva con Michael da ventanni e che atterriva Blanket, era ai fornelli e stava preparando i piatti preferiti dai bambini, c’era un’aria allegra e distesa tra di loro.
I figli prendevano in giro Michael perché si era bruciato le dita nel prendere dalla friggitrice una patatina e stava ora ficcando la mano sotto il getto di acqua fredda, reprimendo a stento una serie di parolacce.
Non sopportava molto il dolore, e poi con il suo problema alla pelle qualsiasi cosa gli creava preoccupazione, per cui abbastanza alterato dalle risa dei figli e dai loro commenti si girò di scatto e gridò
“Ehi!” facendoli saltare sulle sedie.
Guardando l’espressione sorpresa dei bambini si rese subito conto di aver esagerato e che comunque era solo colpa sua e pentendosi di aver alzato la voce mise le mani a conca sotto il rubinetto e gettò su di tutti una bella spruzzata di acqua.
Gli ci volle molto per riportare l’ordine tra i figli poichè qualsiasi cosa era motivo di divertimento e infatti a loro volta si stavano gettando l’acqua dei bicchieri addosso.
Michael si avvicinò al cuoco e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Quando Mike prese un grande coperchio e iniziò a batterlo rumorosamente subito la calma subentrò in cucina.
Il pranzo andò avanti senza ulteriori inconvenienti eccetto il fatto che Prince Michael I, volendo provare la sua abilità di mago nel far sparire i bocconi di carne, lo catapultò sul grande cappello da cuoco usando la forchetta.
Michael iniziò a ridere a crepapelle mettendosi la mano sullo stomaco nel vedere l’omone che sbarrava gli occhi mentre aspettava che la carne gli cadeva sul grosso pancione.
Michael era rimasto in cuor suo un bambino e si divertiva con loro e a volte più di loro.
Sapeva che non era molto educativo il fatto che permetteva che i suoi figli facessero queste cose, ma non ricordava nella sua infanzia risate durante i pasti, anzi il clima era sempre di terrore con Joseph che alzava molto spesso, oltre che la voce anche le mani e poi comunque non gli importava niente, nei momenti essenziali i suoi figli sapevano come comportarsi e ciò gli bastava.

6

Erano arrivati a mangiare il gelato, quando si rese conto che Blanket si era addormentato con il viso nel piatto, fece cenno a Grace che lo avrebbe portato lui a letto e delicatamente gli asciugò con il tovagliolo la bocca e lo prese in braccio.
“Ora torno, voi andate con Grace nella sala giochi e rimanete là sino al mio ritorno” disse avviandosi alla porta, poi si girò e guardandoli negli occhi, cercando di dare un tono severo alla sua voce gli disse “…e mi raccomando siate buoni, io vi sento se la fate inquietare. Intesi?”

...................

“Daai” disse Prince “Grande papi!”
“Ti aspettiamo svegli, lo hai promesso” continuò e Michael si fece il segno della promessa sul cuore poi dopo averli baciati si avviò ma a metà strada si girò e gli disse “Se però Grace mi dice che avete fatto piangere Blanket non ci saranno giostre, ok?”
“Uffa papà ma quello è un piagnone” disse il figlio cominciando a fare il gesto di battere i piedi come faceva il più piccolo, poi scoppiarono a ridere entrambi i fratelli e a quel punto Michael puntando il dito verso di loro disse “O cosi o niente”. E se ne andò.
Mentre saliva in macchina fu preso dal rimorso per essere stato così duro e allora prese il cellulare, compose il numero di casa e si fece passare la sala giochi.
Rispose Prince che sentendo la voce del padre sorrise .
“Stai tranquillo, e dillo pure a tua sorella, giocheremo sino a tardi” fece Michael con dolce voce carezzevole.
“Lo sapevo che eri tu” rispose Prince e gli mandò un bacio.
Michael sorridendo sprofondò nel comodo sedile poi allungò le gambe e mentre la macchina si avviava gettò lo sguardo alla sua casa che si allontanava sempre di più.
Neverland, il suo regno, il suo mondo che per lunghi mesi fu la sua prigione dorata.
Ricordava quanto duro fu quel periodo.
Appoggiò il viso ad una mano, mentre, con lo sguardo perso fuori dal finestrino i suoi occhi si posavano sui giardini fioriti, sui viali, sul lago con le fontane che zampillavano acqua, sui grandi alberi secolari.
Quanto aveva amato quel posto.

Quel giorno , il 13 giugno di un anno prima, tutto gli scorreva davanti senza procurargli il minimo piacere, la sua vita quel giorno era ad un bivio.

Ricordava. E come poteva farne a meno.

“ Il giorno della sentenza, dopo una notte passata tra incubi e terrore, vegliando fino a quando l’effetto dei farmaci non lo fece sprofondare in un sonno tormentato si alzò, aveva un forte mal di testa e crampi allo stomaco, ebbe appena il tempo di correre in bagno che rigettò tutto quello che era riuscito ad ingerire la sera prima.

8

Dovette sorreggersi al lavandino per riuscire a ritornare nella stanza.
Randy lo aspettava in piedi vicino alla finestra, muto anche lui con uno sguardo spaventoso
“Ti aiuto Michael. Ti aiuto a vestirti, vuoi?” gli disse il fratello con voce rotta dall’emozione.
“Si ti prego, ho paura di non riuscire a fare nulla senza che qualcuno mi aiuti” e lo guardò con gli occhi di uno che non ha più speranze.
Randy lo aiutò come si fa con un bimbo.
Gli fece indossare una camicia bianca e quando Michael cercò di abbottonarsi con le mani tremanti lui gliele scansò “Su fai fare a me, non preoccuparti”
Randy gli fece il nodo della cravatta mentre lui fissava un punto lontano della stanza.
Non parlavano perché alla fine le parole non riuscivano più a comporsi sulle loro labbra.
Randy lo spinse dolcemente fuori la camera quando Michael rimase a fissare fuori la finestra.
Quando scesero le scale Randy lo sosteneva stringendo il suo braccio e parlandogli dolcemente.
Michael con un viso inespressivo si presentò alla sua famiglia che lo stava attendendo nel salone. C’erano i suoi genitori con le sorelle che parlavano sottovoce e che, non appena lo videro gli andarono incontro.
La mamma lo prese tra le braccia e gli sussurrò in un orecchio “Dio è con te”.
Michael annuì , ma poi scrollò la testa in un gesto disperato.
“Dio come è assurdo tutto questo” disse rimanendo immobile con gli occhi che gli si riempivano di lacrime.
Il suo medico personale lo costrinse ad ingoiare delle compresse che lo avrebbero sollevato un pochino, poi con passo incerto si avviò fuori gettando uno sguardo alla sua casa.
“Non a me, non può accadere a me” ripeteva continuamente.
Michael temeva quella giuria, come temeva che con tutta la pubblicità negativa che era stata fatta dai media durante il processo, potesse essere stata influenzata negativamente.
Aveva deciso di non vedere i bambini volutamente.
Non avrebbe potuto sopportare l’idea di un addio però guardò le foto dei figli che erano nel suo portafogli, le portò al cuore, passò il dito sopra quei volti sorridenti poi lentamente le rimise nella giacca e si avviò alla macchina.
Insieme a lui salirono i genitori e Jermain.
Sul suo sedile aveva voluto la Bibbia forse, anzi sicuramente non sarebbe riuscito a leggere nulla, ma il contatto con il libro lo avrebbe confortato un pochino.

...............



..............
Il suo amico era davvero un bel ragazzo, un viso affascinante su un corpo altrettanto interessante e quando si diressero affiancati verso la villa formavano un duetto non indifferente.
La struttura di Robert era massiccia e da palestrato perciò Michael sembrava molto magro rispetto a lui, ma il suo incedere era molto più elegante ed attraente.

Non appena varcarono la grande finestra che dava sull’immenso salone Michael fu accolto da un applauso e da “Uh! Uh! Uh!” di benvenuto.
Notevolmente in imbarazzo inclinò la testa da un lato mormorando “Noo” e diede una gomitata nel fianco dell’amico.
Fu circondato immediatamente da tutti i presenti, circa una ventina di persone e strinse mani e baciò guance di donne.
“Vieni, ti voglio presentare mia moglie” gli disse l’amico spingendolo di fronte ad una bionda formosa ed esageratamente scollata.
“Linda, ecco Michael Jackson, di persona e tutto per te!” e strinse l’occhio guardandolo.
Michael fu subito sequestrato dalla donna che passandogli la mano sotto il braccio molto confidenzialmente, lo condusse verso il centro del fastoso salone dove, su immensi divani foderati con una grande stoffa dorata, vi erano accomodate le sue amiche.
Sentiva che il loro sguardo non lo aveva abbandonato da che era entrato nella casa e quando si alzarono lo accolsero con gridolini d’entusiasmo.
Avrebbe preferito l’assalto dei fans piuttosto che sedersi in mezzo a quel gruppo palesemente eccitato, d’annoiate donne californiane.
Suo malgrado e solamente per pura educazione accettò l’invito di Linda e si accomodò vicino a quella che sembrava la più normale.
Cominciò il fuoco di domande sulla sua vita, sul perché avesse smesso di incidere, insomma quanto di più scontato e noioso gli si poteva chiedere.
Cercò di rispondere garbatamente com’era solito fare, sorridendo a chi gli piantava addosso occhi ingordi.
Michael sapeva come destare imbarazzo nella persona che aveva di fronte, le sorrideva semplicemente, senza mai distogliere lo sguardo dal suo viso.
Aveva occhi magnetici e molto penetranti e quando la sua timidezza non prendeva il sopravvento era un uomo di gran fascino e sensualità.
Iniziò a sentire molto caldo, nonostante fosse una serata fresca. Sentiva il desiderio di alzarsi per sgranchire le gambe e bere qualcosa di fresco.
Chiedendo scusa si alzò e improvvisamente gli vennero in mente i figli.
“Santo Dio” guardò l’orologio e vide che erano le undici
“Gli avevo promesso che avremmo passato la serata insieme” pensò scuotendo la testa.
Prese il cellulare e chiamò a casa.

12

Non rispose nessuno dei suoi figli e la governante gli riferì che erano talmente stanchi che già dormivano da un pezzo e Grace era su con loro.
Michael tirò un sospiro di sollievo, non voleva che i bambini pensassero che li aveva scordati. “Meglio così” fece tra se avviandosi al bar.
Si versò da bere e cercò di allontanarsi dagli invitati.
Desiderava un po’ di silenzio perché aveva ancora nelle orecchie le voci acute di quelle donne.

Attraverso una grande finestra lo attrasse il luccichio dell’acqua della piscina che rifletteva la luce della luna.
Spinse l’anta e si ritrovò nel patio. Una lieve folata di vento dell’oceano gli si infilò sotto la giacca e gli procurò un brivido alla schiena.
Non aveva freddo ed una sensazione piacevolissima lo pervase.
Con le mani in tasca attraversò il grande giardino mentre alle sue spalle le voci degli invitati si facevano più lontane.
Il soffice tappeto erboso affondava sotto il suo peso e i suoi occhi faticarono ad ambientarsi all’oscurità nella quale ora era immerso.
I grilli facevano a gara a chi strideva di più e il fragore del mare che si rompeva sugli scogli ne riempiva l’aria.
Si appoggiò alla balaustra e contemplò il nero dell’acqua sotto di lui.
Amava l’oceano, la sua immensità, la sua impenetrabilità.
Si accorse che non era solo quando il bianco di un vestito brillò alla luce lunare.
Voltò la testa dalla parte opposta perché non aveva voglia di parlare..
Voleva godere di quel silenzio fragoroso, voleva sentire il sapore salmastro della salsedine trasportata dal vento.
Si passò la lingua sulle labbra leggermente salate, poi aprì appena un po’la bocca e l’umidità della notte gli penetrò sino alla gola.
Queste erano sensazioni meravigliose, Michael godeva di ciò che la natura gli offriva.

Spinse il suo sguardo oltre la scogliera e scorse le luci della costa californiana, miriadi di luci che brillavano e che si confondevano con il riflesso della luna sull’acqua.
Quanto era meraviglioso tutto questo, quante volte si era sentito ispirato al solo contatto della natura.
Scostò i capelli che mossi dal vento gli solleticavano gli occhi, poi si sedette su di una panchina. Appoggiò i gomiti alle ginocchia e mise il viso tra le mani.
Non gli sembrava vero di non avere altri pensieri che la felicità del momento.
Non voleva pensare a nulla se non che era maledettamente felice.
Era circondato dalla notte. Folate di vento gli scompigliavano i capelli e gli sollevavano la giacca penetrando attraverso la camicia leggera e sfiorando la sua schiena.
Si sentiva accarezzato e questo contatto gli provocava brividi di piacere, in lontananza il vociare delle persone in casa.
Rimase assorto per parecchi minuti, poi udì la voce di Robert che lo chiamava.
Che chiamasse pure, non aveva nessuna intenzione di lasciare quel paradiso.
“E’ difficile lasciare un posto così, vero?” la voce di donna proveniva alle sue spalle, girò la testa ma non riuscì a vedere dove fosse.
“Mi spiace averla distolta dai suoi pensieri”, continuò “Se lo desidera posso dire a Robert che lei non è qui”
“Magari” gli fece lui, “Mi salverebbe”.


13

Michael senti il rumore di una sedia che si spostava, poi dall’ombra si profilò la sagoma di un corpo che apparteneva alla donna che lo stava togliendo dall’impiccio.
La vide camminare attraverso il patio e dirigersi verso Robert. Ci parlò alcuni minuti e poi si congedò da lui.
Rimase incerta sul da farsi, poi si girò e tornò verso Michael.
La sua figura si stagliava alla luce dei fari, aveva un corpo flessuoso, con un vestito bianco attillato, che le modellava il corpo esile ed asciutto.
Non si capiva il colore dei capelli perché li tratteneva raccolti alla base della testa, ma dovevano essere chiari.

“Ecco fatto” disse con voce molto dolce e calma, “E’ libero di ritornare alle sue fantasticherie ed io alle mie” , poi protese la mano verso Michael e pronunciò il suo nome “Salve, io sono Susan” disse sussurrando appena.

Quando lui strinse la sua mano la sentì calda ed asciutta, ed ebbe un effetto gradevole.
Rispose dicendo solo il suo nome, non c’era bisogno di dire di più.
Lei si girò e scomparve nel buio, capì che si era riseduta soltanto dallo scricchiolio della sedia.

Passarono diversi minuti e Michael sentì forte il desiderio di riparlare con quella donna.

Esitò un attimo poi si girò e disse “Susan” e gli piacque quel nome, era dolce e si pronunciava bene.

Attese la risposta con una leggera ansia. Non perché fosse Michael Jackson aveva la certezza di piacere a tutti anzi, e comunque forse poteva non averlo riconosciuto, oppure non avere voglia di parlare con estranei, come molte volte accadeva a lui.
Stava facendo questi ragionamenti quando udì la sua voce rispondere semplicemente “Si, sono qua”.
Lui si alzò e si incamminò attraverso un breve sentiero, quando oltrepassò una folta siepe la vide, lei lo stava aspettando in piedi.

Il luogo era uno dei più spettacolari che avesse mai visto, violento e romantico allo stesso tempo.

C’era un’ampia terrazza circondata da una balaustra di marmo bianco che si affacciava su un costone roccioso e ad appena una decina di metri sotto di loro le onde si infrangevano su degli scogli frastagliati e neri.
L’oceano era stato inghiottito dalle tenebre della notte e il chiarore della luna, ora alle sue spalle, scompariva tra la folta vegetazione.

Si intravedeva il lettino sul quale era distesa Susan, non vi era altro.

Michael si avvicinò alla donna che intanto si era appoggiata alla balaustra e che gli sorrideva.
“Scusa, ma avevo voglia di conoscerti” disse incerto sulla risposta.
“Anche io Michael” rispose lei incrociando le braccia sul petto.
“Scusa di nuovo, ma hai capito chi sono?” insistette Michael.
“Certo che ho capito chi sei, non si è parlato che di te tutta la cena. Ci sono tante donne di là che vorrebbero conoscerti sai. Non so cosa farebbero per essere al mio posto ora”
Michael si avvicinò a lei e cercò di guardarla in viso, ne vedeva solo il contorno e i capelli che adesso, per il vento, gli ricadevano in ciocche.

14

Allungò una mano e con gesto spontaneo gli scostò i capelli dal viso e lasciò che la sua mano si fermasse sulla guancia.
Intuì che lei stava sorridendo e senti il caldo della sua mano coprire la sua.

Non aveva paura di lei, la sentiva amica, aveva la certezza che lo avrebbe rispettato, senti la sua discrezione e ne fu lieto.
“Sei amica di Robert?” le chiese mentre si avvicinò a lei, “Sembri diversa dalle altre” proseguì mentre si appoggiò anche lui alla balaustra, leggermente distante da lei.

Ora riuscì a vederla bene in viso e i suoi occhi si posarono in quelli di lei, non capì perché si sentiva così attratto da lei, era forse il luogo, il vento o il mare minaccioso, ma un grande desiderio si impadronì di lui. Desiderio di averla tra le braccia. Era forse il fragore del mare a dargli coraggio, era forse l’oscurità della notte a non farlo sentire imbarazzato, era forse lo schiantarsi delle onde sugli scogli che lo faceva sentire così eccitato, non lo seppe mai, ma fu in quel momento che allungò il braccio che cinse la vita di Susan, la attirò a se, fece in modo che gli stesse di fronte, poi sentì la pressione delle sue gambe sulle sue e lei che si abbandonava sul suo corpo.
Michael passò le mani sulla sua schiena e la strinse forte a se.
Sentiva il suo respiro e quello di lei sovrastare il rumore della notte, scostò il suo viso da quello di Susan, tirò indietro la testa per guardarla e poi prendendole il volto tra le mani avvicinò la sua bocca a quella di lei.
“Sai di mare, mi piace” e la baciò a lungo. Per molto tempo si baciarono.

...............

Quando rientrò nella villa cercò subito Robert che lo sgridò perché era scomparso così a lungo, poi nell’accompagnarlo alla macchina, prima di congedarsi l’amico gli mise in mano un biglietto con su scritto un numero di telefono.
“Non si sa mai” gli fece l’occhietto, “E’ una brava ragazza” e gli diede una pacca sulla spalla.

Michael nel togliersi la giacca si accorse del lungo capello biondo appoggiato sul bavero, ricordò l’odore della sua pelle e la sua bocca calda e il sapore di sale sul suo corpo.
Aprì la finestra e lasciò che il vento portasse via il suo ricordo.

Non era pronto, non voleva impegnare la sua anima ancora con nessuno.
Avrebbe voluto che quello che gli era accaduto quella sera si avverasse ancora, era stato fantastico, travolgente e lo aveva appagato in maniera splendida. Si sentiva pieno, ma non voleva crearsi rapporti stabili con nessuno.

Lasciò aperta la finestra mentre si distese sul letto, voleva sentire l’aria fresca sul suo petto.
La stanza sembrava terribilmente calda dopo tutto quel vento sulla scogliera e stava sudando.

Lentamente il sonno si impadronì di lui.
“E’ stata una giornata piena”, mormorò tra se mentre, girandosi su di un fianco e mettendo la mano sotto il cuscino, si abbandonò un momento ai ricordi.
Sorrise dolcemente, poi chiuse gli occhi e si addormentò.

fine
Ultima modifica di liberiangirl il 19 marzo 2010, 14:36, modificato 1 volta in totale.

(valej)
Utente certificato
Utente certificato
Messaggi: 1169
Iscritto il: 2 novembre 2006, 22:54
Località: latina

Messaggio da (valej) » 19 febbraio 2010, 13:53

GRAZIE INFINITE PER AVERLO CONDIVISO CON NOI,,,, letto tre lacrime e sorrisi ..

CHI HA SCRITTO QUESTO RACCONTO?

MICHAEL PERCHE TE NE SEI ANDATO? :-(
Valentina

STARJACKSON
Utente certificato
Utente certificato
Messaggi: 202
Iscritto il: 12 agosto 2009, 0:22

Messaggio da STARJACKSON » 19 febbraio 2010, 19:18

WOW è FANTASTICO...NON L'HO MAI SENTITO RACCONTARE COSì MICHAEL...chi lo ha scritto? meraviglioso
Michael non morirà mai perchè continua a vivere nei nostri cuori

lavy80
Utente certificato
Utente certificato
Messaggi: 978
Iscritto il: 3 settembre 2009, 13:46

Messaggio da lavy80 » 20 febbraio 2010, 0:41

Bellissimo!Mentre leggevo mi vedevo tutto davanti agli occhi,come in un film.Davvero emozionante!Sembra un pezzo preso dalla sua biografia,è così reale...La prima parte poi,lui e i suoi bambini...Michael era davvero così,così dolce e magico!
Complimenti a chi l'ha scritto...ha colto davvero l'anina e l'essenza di Michael!
IT'S ALL FOR L.O.V.E.
THANK YOU MICHAEL!

liberiangirl
Utente certificato
Utente certificato
Messaggi: 1582
Iscritto il: 16 settembre 2006, 16:01

Messaggio da liberiangirl » 24 febbraio 2010, 14:46

grazie per i vostri complimenti !

MICHAEL è nella vita di tutti noi

Rispondi